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Pietro volontario nel reggimento del Duca Uberto Visconti di Modrone.

 

   Abbiamo consultato l’Archivio di Stato di Torino, che conserva gran parte della documentazione relativa alle guerre risorgimentali; in data 29 giugno 2017, abbiamo ricevuto alcune lettere nelle quali è riassunta la partecipazione del reggimento del duca Uberto Visconti di Modrone alla guerra. In sintesi:

   “Dopo le Cinque Giornate, il governo provvisorio di Milano pensa di formare reparti regolari delle varie armi. Oltre sui cittadini, può contare sugli italiani disertori delle truppe austriache e sui volontari e gli istruttori militari che giungono dal regno di Sardegna”.

   È a seguito di questa chiamata che si muove il Duca Uberto Visconti di Modrone, il quale era sì del tutto digiuno di fatti d’arme, ma era anche animato da grande spirito patriottico. Inizialmente il Duca fu nominato dal governo provvisorio milanese “ufficiale di pace”, successivamente “colonello” del “3° reggimento lombardo di fanteria di linea”, da lui raccolto e spesato (vedi le divise dei corpi volontari). È in questo reggimento che Pietro Pacciarini partecipò a tutta la campagna della Prima Guerra d’Indipendenza del 1848. In aggiunta ai volontari milanesi, vennero arruolati anche numerosi italiani, che in quel momento prestavano il servizio militare di leva, obbligatorio, nelle truppe austriache e che, allo scoppio dell’insurrezione, avevano in massa disertato, come Domenico Pacciarini. Nel corso della “domenica 9 aprile del 1848, il costituendo 1° reggimento di linea lombardo si trasferisce nella caserma milanese di S. Francesco, lasciando quella di S. Angelo al 1° battaglione del 3° reggimento di linea indicato come battaglione dei genovesi [1]”.

   Complessivamente, il 3° reggimento lombardo di fanteria di linea” comandato dal Duca Visconti di Modrone, sarà composto da tre battaglioni, costituito ciascuno da 6 compagnie: granatieri, fucilieri e cacciatori. In totale saranno inquadrati 2343 volontari, comandati da 168 ufficiali inferiori e da due ufficiali superiori. Il 3° reggimento, raggruppato con altri volontari giunti da diverse parti della Lombardia, andrà a costituire la prima brigata lombarda al comando del maggior generale Raffaele Poerio. Per diversi mesi la prima brigata lombarda resterà inattiva, a parte alcune sporadiche e sommarie esercitazioni, successivamente:

“Il battaglione di cui faceva parte Pietro Pacciarini nella primavera di quell’anno memorabile uscì da Milano e per Melegnano, Lodi, Codogno, Bozzolo, si portò al forte di Pietole, sotto Mantova nel quale si erano ritirati gli austriaci, stringendo d’assedio la fortezza. L’assedio durò due lunghi mesi

Ed in quel termine di tempo le truppe volontarie furono esposte, oltreché ai pericoli usuali della guerra, a continui disagi [2]”.

Prima di raggiungere il forte di Pietole, le truppe volontarie scaglionate in diversi gruppi percorreranno un lungo e tortuoso cammino. Arrivati nel paese di Asola mantovana, che aveva allora circa 5000 abitanti, le truppe verranno fatte retrocedere di alcuni chilometri e attestate, il 4 luglio, a Canneto sull’Oglio. In questa località rimarranno fino al 7 luglio, quando saranno raggiunte dal reggimento comandato da Uberto Visconti di Modrone, di cui faceva parte Pacciarini. Questi ritardi nell’impiego delle truppe volontarie, confermano il perdurare dello scetticismo dei generali piemontesi verso le truppe “irregolari”.

-Il 12 luglio, Carlo Alberto decide assediare, ad occidente, Mantova, muovendo la sua seconda divisione. Per raggiungere l’obiettivo di chiudere la morsa dell’assedio chiama a cooperare nella manovra anche le truppe volontarie, tra cui la divisione lombarda del tenente generale Perrone di San Martino, sottoposto di Raffaele Poerio. In quel momento, la divisione era in realtà ancora composta da una sola brigata. I volontari lombardi vengono concentrati prima a Bozzolo, poi vengono fatti avanzare fino a Curtatone e Montanara. Nello stesso 12 luglio, il generale Poerio passa in rassegna le truppe, trovandole sprovviste “di molte e così fondamentali cose, da esonerare il comandante colonello Rossi”.

-Il 14 luglio il “colonello Visconti” è con i suoi uomini a Mantova, ma nominato “colonello aggregato al quartier generale sabaudo”, viene, il 17 luglio, sostituito nel comando dal generale Griffini. Intorno al 22 luglio le truppe volontarie vengono smistate in varie parti del fronte, mentre il 3° reggimento Visconti, insieme ad altri gruppi, restano ad assediare Mantova, in particolare il forte di Pietole [3] (vedi foto).

Il forte era una splendida costruzione progettata nel 1802 dai francesi e da loro realizzata, intorno al 1813, per difendere il lato sud della piazzaforte di Mantova. Il forte era articolato su tre bastioni tutti muniti di artiglieria, poggianti su terrapieni murati in laterizio e difesi da fossati allagabili, che potevano essere superati solo con ponti levatoi; infine vi era un articolato sistema di gallerie di attacco e difesa. L’imponente struttura era complessivamente molto solida e difficilmente conquistabile, anche da parte di un esercito regolare. Le truppe volontarie erano assolutamente inadatte alla bisogna, vuoi per mancanza di mezzi tecnici (cannoni, genieri, ecc.), vuoi perché prive di addestramento specifico. Per queste ragioni, impiegarle in simili contesti era una evidente assurdità.

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Le truppe piemontesi sconfitte, fuga a MIlano.

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[1] Archivio di Stato di Torino, lettera di protocollo n° 2356/28.34,09-294; Oggetto: esercito lombardo; data 29/giugno/2017

[2] Ulderico Grottanelli, op. cit.

[3] http://www.mantovafortezza.it/it/scheda_fortificazione/forte_di_pietole

Genovesi
Nota 1
Disagi
Nota 2
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