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Giacomo Battaglia, garibaldino.

   Giacomo, figlio maggiore di Giacinto Battaglia, nacque a Milano nel 1831; giovanissimo aveva scritto diversi articoli di politica come collaboratore del giornale “il Crepuscolo” diretto da Carlo Tenca.

   A soli 23 anni scrisse una pregevole tragedia dedicata a: GEROLAMO OLGIATO. Questi era un gentiluomo milanese, di idee repubblicane, che nel 1476 aveva partecipato ad una congiura contro Galeazzo Maria Sforza, nella quale venne ucciso. Nella prefazione alla tragedia Giacomo scrive parole di grande stima e affetto per suo padre Giacinto. È degno di nota il fatto che la censura austriaca ne vietò la stampa; per questo motivo Giacomo si recò a Torino, dove pubblicò la tragedia e ne curò una rappresentazione teatrale.

   Questo amore per la libertà lo portò ad arruolarsi nel 1859 con i Cacciatori delle Alpi di Garibaldi, nonostante fosse affetto da grave miopia, con il grado di caporale.

Nel corso della breve, ma intensa, battaglia di San Fermo alla periferia di Como fu colpito in fronte da una pallottola austriaca morendo all’istante.

   Le sue spoglie furono portate a Milano dove venne celebrata il 27 luglio 1859 per lui e per il collega caduto nella stessa battaglia, Ferdinando Cartellieri, una messa funebre.

Sulla porta principale d’ingresso alla chiesa era stata affissa la dedica a fianco riportata.  

   Entrambi i giovani Giacomo e Ferdinando appartenevano alla Società d’incoraggiamento di scienze, lettere ed arti, il nostro come facente funzioni di segretario della sezione economica-letteraria, il secondo come segretario generale.

   Nel volume DECIMO SETTIMO DELLA “RIVISTA CONTEMPORANEA”, edita a Torino nel 1859, Giulio Carcano dedica una poesia “a Giacomo Battaglia, morto combattendo a San Fermo, 1859” che, tra le altre rime, dice: 

“…Quel cor che tanto per l’Italia oppressa/ Arse e sdegnò, quando la vide afflitta/ Più

non potea, fuorché morir per essa…”. La stessa poesia del Carcano è ripresa anche nel libro “i Poeti della Patria” di Vincenzo Baffi edito a Napoli nel 1863.

La sera della battaglia i compagni d’arme di Giacomo vollero fare un calco del suo viso. Dal gesso fu poi ricavato un bronzo che è custodito nel Civico Museo di Como.

(vedi Gente di Carate; Germano Nobili, dicembre 1995, fotocomposizione e stampa Editoriale Brianza).

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