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Conquista del Dosso Faiti, ovvero Dosso dei faggi.
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Dosso dei faggi, 434 metri.
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Dosso Faiti, ovvero Dosso dei faggi (434 metri)                                                                                                               

  Il Dosso Faiti è una collina di circa 430 metri del Carso. Intorno vi sono diverse alture tra cui il Colle Grande, il Pecinca e nella valle il paese di Castagnevizza, che era diventato il caposaldo della difesa austriaca. Dalla sommità del Faiti insieme al suo contraltare Sabotino si domina tutta la vasta pianura dove si stende la città di Gorizia.  Conquistato il Sabotino era perciò necessario conquistare anche il Dosso Faiti se si voleva tenere sotto controllo tutta la zona.

   Spentasi il 17 agosto la Sesta battaglia dell’Isonzo, il comando supremo italiano decise di lanciare in tempi ravvicinati ben tre offensive nel tentativo di forzare il fronte austro-ungarico attestato sull’Isonzo e sulle alture del Carso. Cadorna riteneva che le precedenti “spallate” avessero quasi esaurito il nemico e quindi era possibile rompere il fronte verso Trieste, distante solo 20 Km e arrivare alla vittoria finale. Le prime due battaglie condotte dal 14 settembre al 12 ottobre 1916 si conclusero, come tutte le precedenti, con un nulla di fatto, ma con perdite pesantissime. In particolare:

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-Settima battaglia, 14-18 settembre 1916; perdite circa 22.000 uomini

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-Ottava battaglia, 10-12 ottobre 1916; perdite 23.860 uomini. In questa battaglia si distinse la 45a divisione del generale Venturi che    ebbe “solo” 4200 morti

 

-La Nona battaglia dell’Isonzo iniziò il 31 ottobre, e si concluse il 4 novembre 1916, con perdite di 39 000 uomini (dati Wikipedia). 

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  Segnaliamo che il sito dell’esercito riporta per questa sola battaglia i seguenti dati:  “le perdite italiane furono di 10.214 caduti, 50.425 feriti, 18.293 dispersi” in totale 78.932 uomini; cifra pazzesca considerando che il fronte era di soli 5 chilometri e che con questa battaglia il fronte si spostò di pochi chilometri.

   Nel corso della Nona “spallata”, iniziata prima che l’inverno piombasse sulle truppe, la 45a divisione del generale Venturi e la 49a del generale Diaz, attaccarono con violenza verso il Colle Grande e il Pecinca. Le truppe di Diaz occupano il Pecinca, ma un contrattacco austriaco le respinge. Successivamente la divisione di Venturi conquista il Colle Grande, poi si porta fino a Castagnevizza, che non venne mai definitivamente presa. Nella notte del due novembre gli austriaci attaccano tutto il fronte italiano, la Brigata Toscana (di Venturi) con una brillante manovra cattura 1500 austriaci il loro comandante e il suo stato maggiore. Seguono attacchi e contrattacchi continui, con risultati alterni e un impressionante numero di perdite umane. Dopo una breva sospensione delle azioni un nostro contrattacco porta la 49a divisione di Diaz fin sotto le pendici del monte Lupo, mentre la 45a di Venturi si porta a ridosso del Dosso Faiti. Finalmente, il 3 novembre 1916 in nuovi assalti viene espugnato il monte Lupo, mentre la Brigata Toscana della divisione Venturi, quella dei “lupi di Toscana” al cui seguito vi era D’Annunzio, espugna il Dosso Faiti occupando quasi tutte le trincee nemiche attestandosi a quota 432, nei pressi della vetta. L’ultima trincea a quota 464 strenuamente difesa dagli austriaci non fu conquistata e quindi il fronte austriaco non fu rotto.

  Le nostre linee dopo aver raggiunto una profondità di circa 3 km rispetto al punto di partenza, a causa della tenace difesa austriaca devono interrompere l’avanzata e si attestano… per esaurimento. Il 4 novembre Cadorna blocca tutte le operazioni. Malauguratamente queste conquiste non poterono mai essere consolidate trovandosi tra i punti più avanzati raggiunti dalle truppe italiane sul Carso.  Il terreno conquistato era non difendibile anche perché dalle alture vicine gli austriaci potevano bersagliare quasi alle spalle gli occupanti italiani.

  Il morale delle truppe stanche e avvilite era bassissimo; dalla fine di agosto le nostre perdite ammontavano a più di 100mila uomini. Scrisse Carlo Salsa: “…la cosa più demoralizzante, non è morire. La cosa peggiore è morire in modo così inutile, per niente.  Questo non è morire per la patria: è morire per la stupidità di specifici ordini e per la codardia di specifici ufficiali al comando." (Carlo Salsa, "Trincee. Confidenze di un fante", in Mark Thompson, "La Guerra Bianca", Il Saggiatore, Milano, 2008, p. 240)

http://www.esercito.difesa.it/storia/pagine/l9-offensiva-isonzo.aspx

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NOTA: Nel Cimitero di Inverigo è sepolto il soldato Giuseppe Galli. Nella lapide si legge: "Caduto per la grandezza della Patria il 4 giugno del 1917 a Dosso Fait. I genitori posero". 

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