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Biografia Tenente Generale Giuseppe Casati (alias Giorgio).

   Riportiamo integralmente la scheda sul Generale, ricevuta dal Museo del Risorgimento di Torino, tratta dal “DIZIONARIO DEL RISORGIMENTO ITALIANO; DALLE ORIGINI A ROMA CAPITALE; FATTI E PERSONE; DIRETTORE MICHELE ROSI; EDITORE VALLARDI; MILANO, 1930

    Il nome riportato sulla scheda è Giorgio e non Giuseppe, ma deve essere stato un refuso perché tutti gli altri dati corrispondono a quelli del Tenente Generale sepolto a Costa Lambro.

   A questo punto ci sembra opportuno scorrere rapidamente la vita militare di Giuseppe Casati volontario nella seconda guerra d’indipendenza Italiana a partire dal primo fatto d’armi al quale ha partecipato, espressamente richiamato sulla sua lapide, la Battaglia di Palestro.

   Battaglia di Palestro, 30-31 maggio 1859

   Giuseppe Casati partecipò alla battaglia come volontario inquadrato nel 10° fanteria a sua volta parte della brigata “della regina” al comando di Bernardino Pes di Villamarina Campo. I franco-piemontesi erano numerosi rispetto agli austriaci. Infatti le truppe piemontesi ammontavano a circa 30.000 uomini, mentre gli alleati, cioè il corpo di spedizione francese (i famosi zuavi), aveva circa 130.000 uomini. Di fronte a loro c’erano le truppe austriache composte in totale da circa 90.000 uomini.

   L’esito della battaglia fu favorevole ai franco-piemontesi che, dopo lo scontro di Magenta, videro spianata la strada per Milano e poi per Solferino e San Martino, dove si concluse la guerra con l’armistizio di Villafranca. Il volontario Giuseppe Casati, presumibilmente dopo la guerra, fu nominato sottotenente e quindi, come ufficiale in servizio permanente, passò al  14° reggimento fanteria “Pinerolo” costituito da Carlo Alberto nel 1831.  Questo reggimento aveva a suo tempo partecipato alla guerra di Crimea (1855- 56).

   Casati partecipò sia alla Seconda che alla Terza Guerra d’Indipendenza  ed anche ai luttuosi fatti di Palermo del 1876 dove prese la “menzione onorevole al valor militare”, equivalente all’ attuale medaglia di bronzo. Questi “luttuosi fatti” sono da noi poco conosciuti e vale la pena di ricordarli.

    La Rivolta di Palermo; settembre 1876 (detta dei sette giorni e mezzo).

   Palermo fu funestata da sette giorni di insurrezione, dovuta a svariate cause tra cui l’insipienza dei primi anni del governo italiano e la sonora smentita delle promesse fatte dopo la cacciata dei Borboni. La rivolta iniziò il 15 settembre e terminò il 22 dello stesso mese; sei anni dall’unità d’Italia.

   A questi moti rivoluzionari parteciparono persone eterogenee: mazziniani, socialisti, borbonici, contadini  e persino aristocratici come il Principe di Linguaglossa e il marchese di Torrearsa. Il totale dei rivoltosi fu stimato dal governo in 20/30 mila persone, provenienti anche dai paesi limitrofi come Monreale, Parco e Misilmeri. A capo degli insorti spesso vi erano quelli stessi uomini che combatterono con i garibaldini contro i Borboni. La guerriglia investi tutta Palermo,  costringendo il Generale Camozzi e i suoi 12.000 uomini ad asserragliarsi a Palazzo di Città con il prefetto Torrelli e il marchese di Rudinì, sindaco di Palermo, la cui casa fu anche saccheggiata. Testimonia il console di Francia che “tutti i consolati, le delegazioni straniere sono state rispettate… veri rivoluzionari che si rifanno ad un ideale”

    In soccorso delle truppe locali, sorprese dalla rivolta, accorsero anche 8 navi, provenienti da Trapani al comando del contrammiraglio Ribotty. Dopo duri scontri le truppe regolari, forti di circa 40.000 uomini, ebbero ragione degli insorti. Le truppe fucilarono immediatamente diversi insorti presi con le armi in pugno. Il sabato pomeriggio entrava in Palermo il Generale Raffaele Cadorna (padre di Luigi, noto generale della I guerra mondiale) comandante generale e regio Commissario con poteri straordinari, il quale poté scrivere che finalmente “l’ordine era restaurato”. Il Generale Cadorna metteva in stato di assedio la città e la provincia di Palermo “attese le gravi condizioni della pubblica sicurezza nella città e provincia suddetta, e la necessità d’immediatamente ristabilirla”.

La gravità della insurrezione palermitana, repressa con violenza, è data anche dal significativo numero di morti delle sole truppe regolari: totale 332 di cui 20 ufficiali.

   Al termine della lotta,  scriveva Cadorna al Marchese Rudinì: “Quando una turba di sconsigliati, quando numerose orde di malandrini briache di sangue e di rapina, tentavano compromettere con le loro scelleratezze la riputazione e il nome di questa cittadinanza… la S. V. e molti altri distinti membri della Comunale Rappresentanza eran lì in mezzo ai sanguinosi conflitti…” A seguire al marchese Rudinì: “Sulla proposta del Ministro della Guerra, S. M. si è degnata d'insignire il Sindaco di Palermo Antonio Marchese di Rudinì della medaglia d'oro al valor militare; e sulla proposta del Ministro dell'Interno gli ha conferito il grado di Grande Uffiziale dell'ordine de' SS. Maurizio e Làzzaro”.

Non abbiamo trovato alcuna notizia riguardante il comportamento dell’allora “tenente Giuseppe Casati” che, lo ricordiamo, fu insignito della “menzione onorevole al valor militare”, esattamente per aver partecipato alla repressione.

   -La rivoluzione palermitana del 1866 (vedi: cenni storici sugli avvenimenti di settembre 1866 per Giuseppe Ciotti; Palermo; tipografia di Gaetano Priulla 1866)

   -Avvenimenti del 1866 sette giorni d’insurrezione a Palermo; causa , fatti, rimedi; Giacomo Pagano Palermo

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