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Famiglia Porro-Lodi di Briosco.

   Nella lunga storia brioschese della famiglia Porro Lodi sono particolarmente interessanti le vicende, per certi versi drammatiche, che si svilupparono verso la fine dell’800 e che videro come protagonisti il sindaco Emilio Porro-Lodi e il parroco don Davide Sanvito. Quest’ultimo era stato nominato parroco nel 1882 dopo aver svolto, sempre a Briosco e per ben 14 anni, l’attività di coadiutore.

  Il nobile dottor don Emilio Porro Lodi, patrizio milanese (1861-1943, come inciso sulla sua lapide) aveva assunto la carica di sindaco nel 1893, carica che suo padre il nobile Eugenio Porro Lodi (morto nel 1883 a 56 anni come inciso sulla sua lapide) aveva già ricoperto dal 1863 al 1872.

   Dopo l’unità d’Italia, e fino ai primi decenni del Novecento, era consuetudine che la carica di sindaco fosse assunta o dai nobili (nel nostro caso: Porro-Lodi, Medici, Trivulzio) oppure dai grandi proprietari terrieri.

   Le due autorità del paese, Emilio Porro Lodi e Don Davide, erano uomini di grande personalità, e le rispettive visioni del mondo erano tra loro inconciliabili. Il primo, fedelissimo alla concezione liberale dello stato, non accettava limitazioni all’applicazione rigida delle leggi emanate dallo Stato che tendevano a limitare fortemente l’autorità della Chiesa. Il secondo, don Davide, non accettava che i tradizionali e secolari diritti della Chiesa fossero sminuiti o addirittura calpestati. Tra i due poteri nacquero numerosi contenziosi su temi e diritti fondamentali per la vita della comunità: l’istruzione religiosa e l'accesso dei sacerdoti alla scuola pubblica, le processioni pastorali, il diritto a sventolare bandiere ecclesiali nel corso delle funzioni pubbliche, ecc.

   Questi contrasti divisero il paese: da una parte quasi tutti gli abitanti del paese che riunitesi in un Comitato Parrocchiale, si schierarono dalla parte del Parroco; dall’altra il Sindaco che per far rispettare le leggi statali ricorreva ai tribunali con denunce penali verso il parroco e i parrocchiani. La diatriba locale assunse dimensioni politiche nazionali, inserendosi nel durissimo scontro tra la Chiesa e lo Stato allora in atto. 

   Dopo diversi e inutili tentativi di imporre le leggi, il Sindaco, di concerto con la nobiltà locale (generale Medici, Trivulzi e altri grandi proprietari locali), decise di intimare lo sfratto a cinquanta membri del Comitato Parrocchiale, gettando così sul lastrico non solo quei poveri disgraziati ma anche le relative famiglie.

   A favore dei brioschesi si schierò Don Davide Albertario, con dure note sull’Osservatore Cattolico di Milano, l’avvocato Filippo Meda e il leader socialista Filippo Turati. A questi si unirono numerosissimi giornali e gruppi cattolici italiani, che promossero una raccolta di denaro per i brioschesi, compreso il Comitato diocesano della lontanissima Siracusa. A rendere ancor più incandescente il contrasto, proprio nel 1898 a Milano il generale Bava Beccaris, comandante della piazza di Milano, ricevette l'ordine da re Umberto I di ripristinare l’ordine pubblico, e lo fece con lo stile del suo tempo, proclamando lo stato d’assedio e cannoneggiando la folla dei cittadini che pacificamente chiedeva il “pane”.

   Per la gran parte dei “liberali” di quel tempo era inammissibile che i cattolici esprimessero solidarietà a quelle famiglie e bollavano come pericolosamente “socialista” la raccolta fondi, mentre ampia solidarietà ai contadini sfrattati veniva espressa persino sulle colonne di “La Civiltà Cattolica” del 1898; profeticamente l’articolista ammoniva che “…se il popolo non s’unisce all’azione cattolica, esso si unirà alla azione socialista; e allora guai ai padroni”[1)

   Col trascorrere del tempo i fatti brioschesi si stemperarono. Alcuni nobili locali, come il Generale Carlo Medici, assunsero posizioni concilianti con i contadini aderenti al Comitato Parrocchiale, mentre il parroco a più riprese invitò tutta la popolazione alla calma. Del resto il comportamento dei contadini brioschesi fu sempre fermo, duro, ma assolutamente pacifico. Ci furono processi penali che dettero parzialmente ragione al Sindaco, il quale da parte sua mai volle riconciliarsi con Don Davide, nonostante questi gli avesse più volte offerto, anche per lettera, disponibilità ad una pacifica convivenza.

   Dopo la morte improvvisa di Don Davide, 1905, il nuovo parroco don De Capitani, seppe immediatamente avviare un sereno e cordiale rapporto con l’autorità civile, a testimonianza che le mutate condizioni politiche, e il tempo, avevano svelenito l’ambiente.

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Nota: per approfondimenti e alcune foto si rimanda all’interessante libro: “Alla ricerca delle radici perdute", Domenico Flavio Ronzoni, Amministrazione comunale Briosco, 1985.

 

 

[1] LA CIVILTA’ CATTOLICA; anno quarantesimonono; vol. II; della serie decimasettimana; Roma; 1898

Il sindaco Emilio Porro-Lodi con i figli dei dipendenti.
Don Davide Sanvito,
parroco dal 1894 al 1903.
Don Davide Albertario da Wikipedia
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